La simbologia religiosa delle piante
Uno dei modi in cui si guarda alle piante nell’antichità classica le associa simbolicamente a culti di divinità. È alla scoperta di questa simbologia religiosa delle piante che il lettore è guidato da Giampiera Arrigoni, con contributi suoi e di vari autori e corredato di un ricco apparato illustrativo. Per una precisa scelta metodologica, la simbologia vegetale è collocata in uno scenario a cavallo tra storia delle religioni, storia dell’arte e archeologia e raccontata nell’intreccio tra rappresentazione letteraria e rappresentazione figurativa, tra mito e cultura materiale, in un consapevole “tornare alle fonti e alle immagini in una prospettiva storica”.
Un simbolismo calato nella storia
Diventa così possibile sfatare miti storiografici come quello sull’esistenza in Grecia antica di un “culto dell’albero”. Vero è invece che gli alberi sono considerati sacri alle divinità e ricevono forme di culto perché alle divinità sono dedicati o associati, oppure perché crescono nel verde circostante i santuari. Storicamente inoltre nessuna pianta è dedicata a una sola divinità. Le piante poste sotto il patrocinio di una divinità possono invece essere molte e cambiare significato simbolico in riferimento alla divinità alla quale sono consacrate. Ne consegue che non si possa parlare di un “simbolismo unico, valido in tutti i casi” e neppure di un “simbolismo atemporale”. Il significato simbolico di una pianta cambia anche in relazione alle circostanze o al suo impiego in determinate occasioni, in conformità del resto con una religiosità politeistica. Si tratta dunque di un simbolismo calato nella storia e perciò non esente da mutamenti.
Efesto e Afrodite
Lo stesso si può dire del simbolismo funebre che dipende invece dal valore evocativo delle piante e dei fiori in determinate circostanze e contesti . Emblematico in questo senso è il caso di Efesto, al dio sono associate piante di costituzione densa e secca, perciò facilmente infiammabili, come in particolare il pino detto nero, “pianta amica del fuoco” per eccellenza, data la sua natura resinosa. Ma in descrizioni di manufatti tecnico-artistici come lo scudo di Achille nell’Iliade, Efesto è raffigurato anche in connessione a grano e vite, quindi alla mietitura e alla vendemmia e alla promozione della vita umana, mentre nella pittura vascolare il dio appare coronato di edera, pianta di natura fredda, usata per placare gli effetti del vino e dell’ubriachezza, di solito; associata al culto di Dioniso.Consonanze tra rappresentazioni letterarie e raffigurazioni iconografiche sembrano invece sussistere nel caso di Afrodite, la dea bella e seducente, signora dell’amore erotico. A esaltare il potere di seduzione della sua bellezza serviva l’appellativo di “profumata”, che la collega al profumo dei fiori che la rappresentano, i più belli e odorosi e colorati dei prati a primavera: croco, giacinto, viole, rose, narcisi, gigli. Il culto della dea era perciò associato a giardini, in cui l’area sacra era uno scenario di lussureggiante vegetazione arborea, sorgenti d’acqua e un prato con fiori primaverili. È al suo dominio sull’eros che allude la simbologia delle piante a lei consacrate. Le rose nella loro bellezza e fragranza di effimera durata evocano la caducità del piacere sessuale; i pomi con la loro polpa succosa ne evocano invece la dolcezza. Simbolo della capacità dell’eros di allentare la tensione del corpo nell’abbandono al piacere è il papavero da oppio, con i suoi semi dalle riconosciute virtù psicotrope; lo spinoso ginepro simboleggia invece le pene che l’eros ingenera.
Luciana Repici