L’abito prevale sul corpo
Georges Vigarello è uno studioso delle prerogative e degli usi del corpo e in questo suo ultimo lavoro si occupa del corpo abbigliato. Se ne occupa, come nel suo stile, dal medioevo a oggi proponendo alcune scansioni tematiche che seguono la cronologia. Assunto centrale è che l’abito è un involucro che nasconde più che coprire e difendere il corpo, che ne altera morfologia e proporzioni, che lo costringe e reinventa. L’abito prevale sul corpo, lo usa come un manichino da esposizione per inviare messaggi. Ciò nel lungo periodo, fino alle soglie della contemporaneità.
Il vestito femminile come imposizione
Nei secoli si sono imposte linee e proporzioni diverse ben lontane dalla naturalità: dispositivi costruiti e cogenti privi o quasi di rapporto con l’anatomia. L’abito, in altre parole, ha espresso la prevalenza della cultura sulla natura, anzi la violenza della prima sulla seconda, una violenza gradita, ricercata, profumatamente pagata. Ciò vale in particolare per il corpo delle donne e, di periodo in periodo, per l’una o l’altra parte di esso.
Il prevalere dell’apparenza
Il libro di Vigarello è riccamente illustrato e le immagini restituiscono perfettamente questa idea della prevalenza dell’apparenza. Le mises raffigurate attestano mirabili invenzioni che rendono impossibile o quasi alle donne svolgere funzioni utili, ingombrate e ristrette com’erano entro abiti elaborati che limitavano la libertà d’azione. Vigarello analizza volumi ed equilibri di capi che privilegiavano il formale sul funzionale. Specifici dispositivi hanno continuato per secoli a mettere in forma le gonne e impacciare le donne.
Via i corsetti
Nel corso dell’Ottocento si modificano ruoli e funzioni delle donne e relativi abiti ma molto più lentamente rispetto a quanto accade all’uomo e al suo abbigliamento, che negli anni trenta sviluppa enormemente gli aspetti pratici. L’universo borghese mira al dinamismo e il tema della comodità si diffonde. Nel XX secolo la maggiore presenza delle donne nello spazio pubblico implica adattamenti dei loro apparati vestimentari e con il diffondersi degli sport praticati anche dalle donne il corsetto viene eliminato. Le gonne si alzano, le stoffe si alleggeriscono e anche l’abbigliamento femminile si collega alle azioni del corpo.
Il trionfo dell’anatomia
Il secondo dopoguerra decreta la fine di costrizioni e rigonfiamenti. Ma è il trionfo della donna al naturale? È vero, come conclude Vigarello, che il dominio dei pantaloni qualcosa ci dice e che l’abito si esprime sempre più a partire dalla silhouette, ma il passaggio dal trionfo dell’artificio a quello dell’anatomia rischia di costare non poco sacrificio alle donne. Il libro è piacevole da sfogliare e si legge con gusto. Il tema centrale, l’abito come costruzione/costrizione, è descritto nel suo secolare effetto di immobilità fino al recente cambiamento culturale che ha orientato l’estetica verso la funzionalità.
Maria Muzzarelli