Un antologia personale e brevi e comode schede
Il volume di Federico Capitoni (…) non è propriamente né una guida all’ascolto della musica del Novecento, né una storia della musica (…). Più modestamente, e anche più intelligentemente, questo libro dal titolo immaginifico ed estroso vuole essere un’antologia personale di cento opere del Novecento musicale ordinate cronologicamente e accompagnate da brevi schede di presentazione della misura di un articolo di giornale. Aiutare l’honnête homme musicofilo di oggi a orientarsi in un secolo così lungo, così eterogeneo e così ricco di fratture e di scuole è già un’impresa meritoria, particolarmente per le nuove generazioni di ascoltatori, ma più generalmente per tutti gli appassionati.
Condivisibile ma non scontato
Di ogni lavoro censito vengono puntualmente illustrati l’organico, la struttura, le principali novità formali in una lingua piana e accattivante, di piglio giornalistico (…) che permette anche al lettore non musicista di farsi un’idea, senza troppi tecnicismi, della poetica e degli orientamenti estetici che stanno alle spalle di ogni singola opera. Sarebbe inutile opinare qui sull’esclusione di questo o quell’autore o discutere sulla distribuzione dei titoli nel canone (Schönberg e Stravinskij sono gli unici compositori rappresentati da due opere ciascuno, ad esempio, mentre Strauss appare solo coi postremi e crepuscolari Vier letzte lieder). Basti dire che Capitoni costruisce un percorso nel Novecento musicale in larga parte condivisibile e allo stesso tempo non scontato, aperto a opere neglette o raramente eseguite nella programmazione dei nostri giorni, spesso per ragioni che nulla hanno a che fare con la qualità dei risultati (un esempio su tutti: Puccini vi entra con quel capolavoro misconosciuto che è la Rondine piuttosto che con altri titoli più popolari).
Discografia per un controcanone
Accanto ai nomi ormai consacrati delle avanguardie storiche e agli enfants terribles (poi anch’essi variamente consacrati) del secondo dopoguerra, l’autore non di rado dà spazio a figure (…) ancora poco note all’ascoltatore italiano medio. L’utile discografia essenziale indicata in calce a ogni scheda permette al lettore di tradurre il viatico costruito dall’autore nelle pagine del volume in un’esperienza reale che lascia l’ultima parola all’ascoltatore, libero di passeggiare liberamente tra i titoli censiti e magari di proporre un suo “controcanone”.
Gabriele Bucchi