Diciotto storie vere
Nel mondo contadino le storie si tramandavano oralmente finché qualcuno le fissava per iscritto, a futura memoria. Ciò vale anche per le più antiche leggende, diventate letteratura. Così è nato questo libro di Umberto Piersanti che ha raccolto dalla voce di Ferruccio Giovanetti – direttore del Gruppo Atena che nelle Marche coordina centri di recupero per “anime perse” – diciotto storie vere “interpretandole” e restituendole in racconti improvvisati oralmente e “dettati” .
Amalia, Franco, Giovanni
Ecco Amalia, che aveva dato fuoco alla casa del padre, vivere nel centro un giorno di quiete “uno dei pochi in cui basta guardare le cose per sentirsi rasserenata”. Una grazia della natura – catartica e salvifica – di contro alla dis-grazia del mondo di fuori, una grazia che guarisce, o almeno lenisce il dolore, insieme alla competenza e all’umanità degli operatori: come Oreste – questo il nome nella trasposizione letteraria – che dirige il centro e accoglie persone con gravi disturbi psichiatrici, autori di atti delittuosi o semplici emarginati sociali . Franco, pescatore che sta bene solo quando è tra le onde e che, a casa, si lascia andare all’ira che il vino bevuto eccita ulteriormente fino quasi ad ammazzare la moglie. Il mare è lontano, e Franco non può dimenticare la vita di prima, anche se ora da pescatore si fa contadino zappando, seppure controvoglia, nell’odore buono che manda la terra, e bevendo a piccoli sorsi il poco vino che gli concedono. E Giovanni – che s’è fatto barbone e ha ucciso un uomo con una bottiglia rotta – innaffia la grande siepe di bosso.
Pietas ed empatia
Piersanti non giustifica e neanche giudica i protagonisti delle vicende minime che racconta. Ma li guarda con pietas, con umana simpatia. Con empatia, potremmo dire, visto che abbiamo a che fare con persone che hanno un disagio psichico . E così Rosaria, con un passato di prostituta alle spalle, pestata a sangue da un cliente che non voleva pagare, non può fare a meno di considerare che “Quella struttura è ormai la sua casa, ma ogni casa non può che stare stretta per chi sogna il mondo e le sue strade”. E anche Sonia – un passato tra venditori ambulanti marocchini e ladri rumeni, caduta nelle mani di un inglese che si eccita a frustarla a sangue – anche Sonia, dunque, nonostante il senso di una ritrovata protezione, soffre la clausura nel centro: “Che bello vivere libera e disperata! E gettava lo sguardo oltre la siepe, là dove cominciava la vita, quella vera”. Una siepe leopardiana in quest’angolo di Marche. L’oralità dell’autore si fa, con leggerezza, letteratura e poesia. Ma il poeta Piersanti, come poeta, sa fare un passo indietro, e il narratore Piersanti resta qui narratore, pur facendo, del dramma di tante vite, poesia.
Enzo Rega