Spassoso romanzo breve
Scritto dall’autore pechinese Liu Heng nel 1999, La vita felice del ciarliero Zhang Damin racconta la storia di un operaio, Zhang Damin, di cui snocciola una dopo l’altra le (dis)avventure, da quando ancora giovanotto prende il posto nella fabbrica di thermos in cui lavorava il padre, morto in un incidente sul lavoro a quando alla fine della storia viene improvvisamente licenziato dall’azienda ricevendo 700 thermos per liquidazione. Nel mezzo, ciò di cui si racconta sono le tragicomiche battaglie dell’esistenza quotidiana, dai salti mortali per far convivere i numerosi familiari stipati in un bugigattolo di sedici metri quadri, ai funambolici calcoli aritmetici per far quadrare il sempre precario bilancio della casa (…). Ma soprattutto, ciò che viene decantato, in questo spassoso romanzo breve dal sapore popolaresco, è lo spirito di Zhang Damin, un uomo forse un po’ troppo sempliciotto e chiacchierone, che però sa resistere alle iatture della vita, tenere in piedi con tenacia il baraccone familiare, mentre progetta, con incrollabile ottimismo, un’esistenza perennemente minacciata, rinnovando la sua speranza (vana) nel futuro senza darsi mai per vinto. Questa, in poche parole, è la felicità di cui Zhang Damin, e dietro di lui Liu Heng, si fa cantore.
Se nessuno ti fucila tu vivi felice
Ma com’è possibile che Zhang Damin, con tutti gli accidenti che gli capitano nel corso della vita, creda davvero di poter essere felice? Pensa davvero Liu Heng, come dice la sua creatura letteraria a conclusione del racconto, nel momento in cui trasmette al figlio la sua filosofia di vita, che “bisogna vivere anche se non ha senso”, perché in fondo, “se nessuno ti fucila, allora tu continui a vivere, e vivi felice e contento”? (…).
La resilienza testona
Da un lato la filosofia che Liu Heng attribuisce a Zhang Damin è del tutto in linea con la morale conservatrice dominante nella Cina degli anni novanta: anni in cui si celebra l’“addio alla rivoluzione” e gli scrittori spesso si prestano a magnificare le virtù di una vita senza pretese, vissuta all’insegna dell’armonia con il vicino e delle piccole soddisfazioni materiali, in base al principio che anche chi sta peggio, nell’economia di mercato, sta comunque sempre meglio di quando si stava peggio tutti quanti. Ma, in un mondo in cui tutti sembrano vendersi l’anima al diavolo per ambizione e non guardano in faccia nessuno pur di far carriera o di arricchirsi (…), è la resilienza un po’ testona di Zhang Damin, il suo sopportare accontentandosi di quel poco che ha che costituisce l’unico modo per conservare la propria dignità, mentre tutto, attorno, comincia a farsi mercato. Zhang Damin, così, viene a rappresentare la resistenza popolare all’ambizione e all’arrivismo, una resistenza che si esprime goffamente attraverso la sua logica strampalata, la sua incontinenza verbale e la sua irrefrenabile comicità. Un racconto, pertanto, in cui un umorismo viscerale la fa da padrone e che in italiano non perde nulla della sua freschezza e vivacità grazie all’ottima traduzione.
Marco Fumian